In sintesi, le fasi di lavorazione delle ceramiche ingobbiate e graffite sono le seguenti.
- Foggiatura al tornio. In questa fase tramite la manipolazione e la rotazione del tornio si dà corpo al piatto.
- Rifinitura. Fase, in cui, tramite utensili metallici, viene rifinito il profilo (la sagoma) e creato il piede dell’oggetto. Il corpo ceramico per essere rifinito, deve essere in una fase intermedia di essiccazione, detta durezza cuoio.
- Ingobbiatura. Sull’oggetto rifinito a durezza cuoio viene applicato un rivestimento argilloso biancastro, detto ingobbio o bianchetto.
- Graffitura. Una volta che l’ingobbio si è asciugato, tramite la tecnica dello spolvero o a mano libera, viene tracciato il disegno del decoro. Successivamente, mediante l’utilizzo di una punta o di una stecca, seguendo il disegno, viene asportato l’ingobbio.
- Prima cottura. Il piatto totalmente essiccato viene posizionato nel forno e cotto ad una temperatura che oscilla tra i 980° e i 1000°. In questa prima fase di cottura l’argilla, dato il suo alto contenuto di ferro, per reazioni fisico-chimiche da grigia diventa rossa, mentre l’ingobbio rimane bianco. Il risultato è un decoro bianco su fondo rosso.
- Pittura. Una volta cotto, l’oggetto viene dipinto con ossidi metallici calcinati, polverizzati e sciolti in acqua. Il piatto viene poi immerso in una soluzione, detta vetrina (una miscela trasparente di piombo e silice), che rivestirà l’oggetto.
- Seconda cottura. Il piatto, dipinto e ricoperto da vetrina, viene messo in forno e cotto a una temperatura di 960°. I colori e la vetrina fondono, aderendo al piatto e creando una coperta impermeabile trasparente e lucida.