Ai confini settentrionali del territorio di Fucecchio, nella frazione di Galleno, si può percorrere un tratto del selciato della via Francigena che attraversa le colline delle Cerbaie. Questa località è ricordata come la Grasse Geline, subito prima dell’Hopital (l’attuale Altopascio) nell’itinerario che Filippo Augusto di Francia percorse di ritorno dalla terza crociata, nel 1191.
Il percorso dell’attuale via Francigena ricalca, con qualche inevitabile variante, quello che l’abate Sigerico di Canterbury effettuò nel 990 di ritorno da Roma dove si era recato per ricevere da papa Giovanni XV il pallio, il paramento liturgico che gli conferisce l’investitura arcivescovile. Le 79 tappe che si trovano elencate nel suo itinerario sono le stesse che ancora oggi segnano il cammino dei pellegrini, attraversando cinque Stati, 16 regioni e più di 637 comuni, per uno sviluppo di oltre tremila chilometri, da Canterbury a Roma.
Originariamente la Via Francigena aveva il nome di “Via di Monte Bardone”, dall’antico nome del Passo della Cisa, Mons Langobardorum; infatti, nell’Alto Medioevo, attorno al VII secolo, i Longobardi contendevano il territorio italiano ai Bizantini. L’esigenza strategica di collegare il Regno di Pavia e i ducati meridionali tramite una via sufficientemente sicura portò alla scelta di un itinerario sino ad allora considerato minore, che valicava l’Appennino e dopo la Valle del Magra si allontanava dalla costa in direzione di Lucca. Da qui, per non avvicinarsi troppo alle zone in mano bizantina, il percorso proseguiva per la Valle dell’Elsa per arrivare a Siena, e quindi attraverso le valli d’Arbia e d’Orcia, raggiungere la Val di Paglia e il territorio laziale, dove il tracciato si immetteva nell’antica Via Cassia che conduceva a Roma.
La “Via di Monte Bardone” cambiò nome quando la dominazione longobarda lasciò il posto a quella dei Franchi alla fine dell’ VIII secolo. In quel periodo crebbe anche il traffico lungo la Via che si affermò come il principale asse di collegamento tra nord e sud dell’Europa, lungo il quale transitavano mercanti, eserciti, pellegrini.
Il percorso non era una vera e propria strada nel senso romano né tanto meno nel senso moderno del termine. Infatti, dopo la caduta dell’ impero romano, le antiche tratte consolari caddero in disuso, e tranne pochi fortunati casi finirono in rovina, “rupte”, tant’è che risale a quell’epoca l’uso della parola “rotta” per definire la direzione da prendere. I selciati romani lasciarono gradualmente il posto a fasci di sentieri, tracce, piste battute dal passaggio dei viandanti e il percorso variava per cause naturali (straripamenti, frane), per modifiche dei confini dei territori attraversati e la conseguente richiesta di gabelle o per la presenza di briganti.