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Fin dall’antichità più remota, la valle dell’Arno è stata al centro di una fitta rete di scambi, mettendo in comunicazione i centri interni toscani con il Mediterraneo. Le maggiori città della Toscana devono la loro nascita e sviluppo proprio alla presenza del fiume e si concentrano infatti in prossimità della sua valle. Ma l’Arno ha anche favorito lo sviluppo delle aree rurali e le sue rive erano punteggiate fin dall’antichità di scali fluviali che servivano una quantità di insediamenti minori che dal fiume ricavavano le occasioni di scambi commerciali.
I primi mille anni di questa lunghissima storia, a partire da età etrusca fino alla fine dell’età imperiale, sono descritti da un’esemplificazione delle anfore da trasporto, attestate dalle ricerche archeologiche lungo la valle, dalle quali è possibile ricostruire le modificazioni dei flussi commerciali tra il Mediterraneo e l’entroterra toscano lungo la valle dell’Arno.
Fino al I secolo a. C. Campania, Lazio e Sicilia riforniscono di vino il resto della penisola, esportandolo anche in Gallia e Spagna. Nel Valdarno giunge anche ceramica da mensa “a vernice nera” prodotta in Campania, Lazio, ma anche in Etruria (Pisa e Volterra). Ma dall’età imperiale i flussi commerciali si invertono e olio, vino e salsa di pesce giungono adesso dalle provincie occidentali. Mentre tutto l’impero riceve ceramica da mensa, cosiddetta “sigillata italica”, prodotta a Arezzo e Pisa.
Più tardi, tra il III e il V secolo d. C., saranno le provincie del Nord Africa a rifornire di derrate alimentari ma anche di ceramica la penisola italica e il Valdarno.
Nonostante la portata d’acqua irregolare e il suo corso tortuoso, di cui agli inizi del Cinquecento lo stesso Leonardo da Vinci aveva studiato possibili soluzioni, l’Arno ha continuato ininterrottamente a svolgere la sua funzione di via di commercio attraverso tutto il Medioevo e fino ad età contemporanea, come dimostrano i ritrovamenti archeologici. d’età medievale, tra i quali il relitto di Empoli e i resti di imbarcazioni e di meccanismi di mulini fluviali provenienti dall’Arno.
Il ritrovamento, avvenuto nel XVIII secolo, di un’imbarcazione, pali di legno, ceramiche e tegole a 9 metri di profondità durante lavori al santuario di S. Maria delle Vedute, fa supporre l’esistenza di un piccolo porto romano presso Fucecchio. Lo scalo avrebbe servito le varie fattorie che in età romana occupavano la pianura, da cui provengono frammenti di anfore e ceramiche da mensa giunti tramite il trasporto via fiume.
Più tardi, proprio in corrispondenza di questo scalo, la via Francigena incrociava l’Arno, dando luogo a uno snodo di notevole importanza economica e infatti proprio qui, intorno al Mille, i conti Cadolingi stabilirono il castello di Salamarzana, baricentro di un’ampia signoria territoriale che contribuì in modo determinante alla nascita di Fucecchio.
Il progetto di allestimento è stato possibile grazie alla fondamentale collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Firenze, il Museo Leonardiano di Vinci e l’Associazione Archeologica Volontariato Medio Valdarno.
Le traduzioni dei supporti didascalici QR code sono state realizzate dagli studenti del progetto Alternanza Scuola-Lavoro “Leonardo 2019” del Liceo Scientifico e Linguistico “Arturo Checchi” di Fucecchio, coordinati dalla prof.ssa Arosio, con il supporto di Vittoria Estratti nel quadro del suo tirocinio attivato con l’Università di Pisa.