- The Museum
 - The Rooms 
- Archaeology (1-6)
 - Art (7-15) 
	
- Room 7. Paintings, frescoes and Minor Guilds from the 13th to the 15th centuries
 - Room 8. The great 16th-century paintings
 - Room 9. 17th-century paintings
 - Room 10. The jewellery room
 - Room 11. 17th- and 18th-centuries paintings and jewellery
 - Rooms 12-13. The sacred vestments
 - Room 14. The relics of Giuseppe Montanelli (Fucecchio, 1813-1862)
 - Room 15. The Arturo Checchi collection (Fucecchio 1886 – Perugia 1971)
 
 - Nature (16-17)
 
 - Collections
 - Temporary exhibitions
 - Events
 - Multimedia
 - Surroundings
 - Versione italiana
 
Se tentassimo di nominare ciò che le fotografie di Luca Lupi rappresentano, l’elenco si aprirebbe e chiuderebbe molto velocemente: nuvole, mare, cielo, montagne, costa, uccelli in volo, neve, alberi, saette, città, muri.
 Talvolta i titoli aiutano a ridefinire i confini geografici, identificare i luoghi. Ridarci il conforto del “dove”. Ma poi, guardandole, si ha l’impressione che le questioni di tempo e di spazio si misurino non attraverso la superficie dell’immagine e la sua messa in sequenza rispetto ad un prima ed a un dopo geografico, piuttosto rispetto ad una profondità e alla tridimensionalità che costruisce spazio e tempo. E che la durata si appoggi sui molteplici particolari che vengono messi in evidenza: la spuma, la superficie vellutata delle onde, le tipologie delle nuvole, delle foglie. La quantità dà spesso un senso di aleatorietà: gli stormi degli uccelli, i fiocchi di neve.
La sequenza talora si allarga in una messa in relazione con un prima e un dopo di cui si danno le coordinate temporali: l’immagine si stratifica in un dato tempo. Il tempo di un’onda, di una saetta. Sequenze registrabili ma inafferrabili. Tracce di accadimenti. In una cornice (che è per prima cosa il taglio dell’immagine) nulla accade. Ma questo nulla contemporaneamente è frutto di e genera memoria in virtù di un’ambiguità di fondo: essa può riguardare il tempo dell’accadimento, lo spazio generato da eventi transitori (come la luce fa emergere spigoli e costruisce superfici), la sovrapposizione della linea di mare e di cielo, nubi che, a ben guardare, sembrano onde, onde che paiono cieli. E, per via di avvicinamenti e allontanamenti progressivi, negano concretezza a cose concrete (le città, le coste), e la attribuiscono a quelle meno concrete. Colgono case e palazzi attraverso
cortine, godono della indefinitezza di paesaggi nebbiosi, rendono nitidi soggetti indefiniti proiettando le cose e gli eventi in una dimensione archetipica che rende possibile, per noi, il farli propri e attraverso di loro sperimentare tempi e spazi soggettivi.
Ilaria Mariotti
															
															
															
				
						
			
			
			
